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29. Vuitry, o. c. p. 282 seg. ha riassunto la questione della libbra di Carlo Magno senza risolverla: reca i risultati di Le Blanc e Garnier, che le attribuiscono un peso di grani parigini 6912 o gram. 567,13, e quelli di Guérard, seguito da Leber, che la porterebbe a grani par. 7680 o grammi 407,92. V. anche Repossi, Milano e la sua Zecca p. 46; cfr. Carli, delle Monete e Zecche d’Italia, 1 pag. 282 seg.
30. Nel Capitolare Italicum, 109 (Padelletti, o. c. p. 360) troviamo: de mensuris ut secundum iussionem nostram aequales fiant. Nei Capitolari di Carlo Magno editi dal Canciani (Barbar. leg. ant. vol. 3: sfortunatamente la nostra Biblioteca non ha altre edizioni) troviamo (3 cap. 90): ut aequales mensuras et rectas et pondera iusta omnes habeant, sive in civitatibus, sive in monasteriis, sive ad dandum invicem, sive ad accipiendum; altrove (1 cap. 126), dove si stabilisce il prezzo dei grani per ogni moggio, si aggiunge: et ipse modius sit quem omnibus habere constitutum est. Et unusquisque habeat aequam mensuram et aequales modios. In altro luogo (addiction. 3 pag. 395) è chiamato turpe lucrum — pondera injusta vel mensuras habere. In un’epoca posteriore, sotto Carlo il Calvo, nell’Edictum Pistense del 864 (c. 9, 20) troviamo: volumus ut unusquisque iudex in suo ministerio mensuram modiorum, sextariorum cet. eo tenore habeat sicut et in palatio habemus. — Et ipsi homines qui per villas de denariis providentiam jurati habebunt ipsi etiam de mensura ne adulteretur provideant. Se, e fino a qual punto, questi saggi provvedimenti abbian potuto esser mandati ad effetto nei nostri paesi, è ciò che non possiamo dire.
31. Nella Convenzione commerciale del 730 fra re Luitprando e quei di Comacchio pel trasporto del sale ed altri oggetti lungo i fiumi del regno langobardo (Troya, Cod. diplom. 3,480, Hist. Patr. Mon. 13 col. 18) troviamo: Modio vero pensato libras triginta più volte ripetuto. Ma cinquantasette anni appresso, quando qui s’era stabilita la conquista franca, si voleva esigere maiorem modium — id est ad libres XLV (Hist. Patr. Mon. 13 col. 117 d), per cui Carlo Magno, sentite le giuste lagnanze, ordinò: tamen nos pro mercedis nostre argumento concessimus eis in elemosinam videlicet nostram, ut in tali tenore ipsum modium dare deberent, sicut et illi a nostris hominibus accipiebant, et nullatenus maiorem, id est per libras triginta