di prima qualità, mentre con uno a sistema antico non se ne ottengono che 64; e bisogna supporre che a quest’epoca, o fosse assai grande la tolleranza, o non men grande fosse la imperfezione dei mezzi di macinazione, poichè sappiamo che nel 1336 a Torino lo Stajo di frumento, che equivaleva a litri 41,235, dava libbre 75 di pane (Cibrario, Econ. polit. del medio evo, 3 p. 231, 233), le quali, essendo l’antica libbra di Torino di circa grammi 315 (Cibrario, ibid. p. 353 nota 2), corrisponderebbero a chilogrammi 23,6 di pane: il nostro Stajo nella stessa proporzione ne avrebbe dati chilogr. 12,26, meno quindi dei 13,18 prescritti dagli Statuti del 1263 e del 1331. In terzo luogo la mancanza nella nostra legislazione statutaria di una disposizione, che determinasse esattamente i rapporti fra il mugnajo e colui, che gli dava il grano da macinare, dovea dar luogo ai più gravi abusi, e se il proverbio fino ad oggidì sopravissuto è vero, questi non avvenivano mai a danno del mugnajo. L’esigere che, ad ogni Stajo raso di frumento si facesse corrispondere uno Stajo colmo di farina, non era il mezzo più adatto per definire quei rapporti, e questo è tanto vero, che ancora nel 1403 nota il nostro Cronista che non dabantur nisi Pensos quatuordecim (di farina greggia) pro qualibet Soma (Castelli, Chron. in Rer. Ital. Scr. 16 col. 946); e ancora nel secolo scorso, nella Tariffa del dazio sulla macina, la nostra Soma di frumento da otto Staja si calcolava di Pesi quattordici bergamaschi al più, e si voleva che la farina greggia per ogni Soma non eccedesse i quattordici Pesi, o, quando fosse separata dalla crusca, i Pesi undici libbre 7 (Capitoli e Tariffe