Métrol. p. 126), ed ove a questo si aggiunga il continuo sovrapporsi di nuove genti, di nuovi costumi e di nuovi padroni, si comprenderà fino a qual punto abbia potuto arrivare il disordine in questo ramo sì importante dell’umano commercio. Di qui provvengono quelle differenze di misure che i documenti, per quanto scarsi, ci indicano quasi da villaggio a villaggio. Fino dal 897 pei grani troviamo accennata la iusta mensura Mediolani (Hist. P. Mon. 13 col. 621 a); la moneta milanese nel 972 avea corso nella nostra città a preferenza di ogni altra (Lupi 2, 301, 379): pei pesi fino dal 897 era nominata la iusta statera Mediolani (Hist. P. M. a. l. c.) tutte espressioni che indicano la già avvanzata divergenza nei pesi e nelle misure, eppure anche quando dopo il mille quella città ebbe acquistato una prevalente influenza sui destini della valle lombarda, i pesi e le misure non erano ancora ridotti ad unità neppure nel suo contado. In un testamento del 1068 a favore della chiesa e plebe di Mareliano si ordina, che l’affitto di alcune pezze di terra sia pagato in sette staia di frumento, uno di fave e due di castagne, e che tutte queste staia sieno secondo la misura della chiesa di S. Stefano di Mareliano, mentre per contro il Congio di vino sia dato secondo la misura del luogo di Mareliano (Giulini 4 p. 133). Dunque in uno stesso villaggio vigevano differenti misure di capacità degli aridi e dei liquidi. Ancora nel 1229 il Monastero di Arona, signore del luogo di Cesano, contro un certo Domenico Dellacqua, che ivi la faceva da padrone, fra l’altre cose per mezzo del suo sindaco chiedeva, che si obbligasse il citato Do-