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romana. Ora, gli antichi metrologi aveano lasciato scritto: Pertica passus duo id est decem pedes (Isidor. Etym. 15, 15. 6); duo vero passus decempedam perticam faciunt (Excerpt. ex Isid. in Metr. Scr. 2 p. 136, 17), per il che si comprende agevolmente come, per distinguere almeno di nome il Cavezzo con cui si misurava il legname, e che portava differenti divisioni, da quello con cui si misuravano i terreni, si usasse il nome di Passus. Ne viene quindi che, come ci fa notare il prof. Tiraboschi, quando nello Statuto di Vertova troviamo ligna a passo, si debbano intendere legne da misurarsi col passo, ed in generale, come pare a noi, legne che si ponevano in commercio a misura e non a peso; il qual costume di calcolare la entità delle cataste, acconciamente disposte per la misura e dette Schene, come nel nostro Statuto del 1353 (3 § 16), durò sul Milanese per lo meno fino al principio del presente secolo (Guerrino, Euclide in Camp. p. 336). A quella guisa però, che vedemmo il Braccio di Milano, sebbene formato da due Piedi, avere coll’andare dei secoli aumentato il suo valore, e come il Braccio di Modena, sebbene dovesse essere la quinta parte della pertica agrimensoria, tuttavia fu trovato oggidì di alcun poco superiore al suo valore legale (v. sopra § 3), così dev’essere successo pel nostro Braccio da fabbrica: una volta che venne a formare quasi una unità indipendente negli usi giornalieri (poichè è impossibile supporre che, meno rare eccezioni, coloro a’ quali abbisognava quotidianamente questa misura, siensi adattati a portare attorno la lunga canna da cinque di queste braccia) persistette nella consuetudine e nella legislazione