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mi piedi, che, secondo lui, riproducevano quello di re Liutprando, entrassero a formare quella pertica, che si usava a misurare le terre a’ piedi delle Alpi. Una tale coincidenza, che non può essere fortuita perchè suffragata da quella antica testimonianza, conferma pienamente ciò che abbiamo ammesso, cioè che Milano, ed insieme ad essa la nostra città, abbiano conservato nelle loro misure superficiali dei terreni la più schietta impronta della riforma di Liutprando. Un’altra riprova dell’esatto modo, col quale il Giulini ha concepito la origine del Piede di Liutprando, si ricava dai documenti medievali che ci indicano con quale mezzo si calcolasse il valore della pertica. In un atto di vendita del 843 leggiamo: ad pertica legitima de pedes XII ad extensis brachiis mensurata (Hist. P. M. 13 col. 263, 1297; v. anche Ughelli, Ital. sacr. 3 p. 289; 5 p. 659; 7 p. 1442; 9 p. 121). Ora, se, come non vi ha dubbio, il Piede di Liutprando era fondato sull’antico cubito romano, è evidente che nella pertica di dodici di questi Piedi doveano entrare appunto diciotto Piedi romani. Ed invero, tanto i greci la loro orgyia, quanto i Romani, con uno speciale significato (v. sotto § 9Fonte/commento: Pagina:Sextarius Pergami saggio di ricerche metrologiche.djvu/256), la loro ulna da 6 piedi ragguagliarono allo spazio che intercede fra le estremità delle braccia distese da ambe le parti del corpo umano (Hultsch, Metrol. p. 30, 63 seg.). Negli Excerpta ex Isidoro, in cui fra le notizie dell’antica metrologia, troviamo trammiste anche notizie, che non possono riferirsi che all’epoca in cui furono compilati, abbiamo: alii autem voluerunt, ut pertica XL et VIII palmorum esset quae pertica ad manus XII pedes habet, quod per extensionem bra-