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recato (§ 1) ha: ita ut pedes ejus in pertica vel fune quatuordecim faciant Tabulam. Quest’ultima, oltre a tutto il resto, è anche la più storica, perchè ci dimostra che l’alterazione del Piede liprando nella parte occidentale dell’Italia Superiore era già avvenuta. Il Cronista uguaglia quel Piede al cubito umano: ora, il Piede liprando di Torino, anteriore s’intende alla riforma del 1816, corrispondeva a millimetri 513,766 (Malavasi, Metr. ital. p. 255), che è talmente superiore al cubito romano (ed anche al greco), che non si può comprendere come abbia potuto entrare nella riforma di Liutprando. Ma se noi ammettiamo che quattordici, invece di dodici, de’ Piedi da lui creati entrassero a formare quella pertica lineare, la quale dovea essere a maggior conoscenza del cronista, vediamo uscirne un meraviglioso ravvicinamento. Prendendo quattordici cubiti romani da millimetri 441,32, come al massimo erano all’epoca della decadenza dell’impero sotto Diocleziano, veniamo ad avere per la lunghezza della pertica metri 6,18: se prendiamo dodici piedi liprandi di Torino, che formavano la pertica o doppio trabucco, veniamo ad avere metri 6,17; il piede liprando nelle provincie occidentali dalla sua origine era stato aumentato di un sesto, ed ecco perchè il Cronista, giustamente ponendo a confronto col Cubitus il vero Piede creato da Liutprando, notò che di questi ve ne volevano 14 per compiere la fune o pertica, colla quale a’ suoi dì si misuravano i terreni. In altri termini, il Cronista non vuol già dire di quanti Piedi era composta la fune o pertica agrimensoria, cosa troppo nota perch’egli avesse a ripeterla, ma sibbene quanti di questi enor-