romano sotto Diocleziano non sarà stato superiore a millimetri 294,21, il Cubitus (da cui derivò il Piede stabilito da re Liutprando) a millimetri 441,32. Ma fino a qual punto abbia continuato questo progressivo rimpicciolimento dell’antico Piede, noi non sappiamo: a Carrara lo troviamo di millimetri 293,34 (Malavasi, Metrol. ital. p. 77; Saigey, Metrol. p. 178), a Milano in base al valore del Piede liprando sarebbe decaduto a millimetri 290,12, nella nostra città, sulla stessa base, a millimetri 291,84. Di qui si scorge agevolmente come il valore del Braccio milanese dalla sua origine abbia subito qualche alterazione, e come quindi, dando esso un Piede romano di millimetri 297.47, non possa in niuna guisa rispondere a quel rapporto che, in forza di una secolare consuetudine, era stato stabilito dagli Statuti di Milano fra esso ed il Piede aliprando. — Ma se noi non possiamo determinare l’esatto valore fin nelle più minute frazioni del Piede che fu dal re Langobardo posto per base alle misure dei terreni, non mancano però altri argomenti che rinfranchino la opinione emessa dal Giulini. Il Cronista della Novalesa, come vedemmo (v. sopra § 1), naturalmente seguendo la strana leggenda, non seppe meglio indicare la lunghezza del Piede affibbiato a Liutprando, che paragonandolo ad un cubilus: tante longitudinis fertur habuisse pedes ut ad cubitum humanum metirentur; più ancora la lezione stessa della Cronaca dimostra dove siasi conservato meglio questo piede creato da’ Langobardi. Nella lezione pubblicata da Du Cange con alcune scorrezioni (s. v. Pertica) vi ha: ita ut pedes ejus in pertica fune duodecim fiat tabula; il testo muratoriano, da noi già