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Iur. Reip. Gen. (H. P. N. 7 col. 32): de centenario vero piscium pisces sex; nel nostro Statuto più vecchio (13 § 33), de milliario et pro milliario copporum, cioè di tegole; in quello dei Dazii (fol. 33 v.), de quolibet milliario agugiarum, cioè di aghi; de quolibet milliario fubletarum a calegariis, cioè di fibbie da calzolai; de quolibet milliario ad numerum clavorum smasatorum, cioè di una specie di chiodi, che non sapremmo quale sia; oppure (fol. 25 v.) de quolibet Centenario et ad rationem cujuslibet Centenarii guadi, dove s’intendono senza alcun dubbio le pallottole o torselli in cui erano ridotte le foglie del guado (Berti Pichat, Istit. di Agricolt. 5 p. 687. V. anche lo stesso Statuto fol. 26 r. et intelligatur guadum in ballis. — guadum nec in ballis nec in foliis) e che nei rapporti del dazio si numeravano a centinaja. Se badiamo che il conteggio per 100 e per 1000 libbre, almeno da noi, si conserva quasi unicamente in riguardo a due delle più antiche industrie della nostra provincia, la estrazione del rame (Plin. Nat. Hist. 34, 2) e quella del ferro (Rosa, Escav. del ferro; v. Feudi e Com. di Lomb. p. 198 seg. 1.ª ediz.), crediamo di poter legittimamente indurre, che qui ci troviamo di fronte ad una determinata valutazione di peso tramandataci dai secoli più remoti (per il piombo cfr. Ronchetti, 4 pag. 49). Quindi è certo, che qui non si tratta punto di libbre grosse, ma bensì di sottili, o, che è lo stesso, di antiche libbre romane, e questo è tanto vero, che nella convenzione sul Ripatico da pagarsi dai mercanti, che approdavano a Ferrara, fatta nel 1228, vi ha: de carro rationando duo milliaria subtilia unum carrum (Murat. Ant. ital. 2 col.