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teva: o pure molti degl’imborsati davano una piccola somma ad una società di negozianti, la quale faceva tanti cambi quanti erano i suoi imborsati usciti in sorte. Ora il Re vuole per cambi i soldati che han finito il loro tempo: esige per ciascun cambio centottanta ducati, dei quali ottanta dà al soldato, e cento li ritiene per se.
Con grandissima cura si conducono ogni anno i militari nella chiesa del Gesù a fare gli esercizi spirituali; ed ivi, proibita l’entrata ad ogni altra persona, un gesuita discorre di unico argomento della fedeltà che i soldati devono al Re che li paga, della santità del giuramento militare. E con tanta cura si cerca per tutte le vie di fermarli in questa opinione che anche i militari non sciocchi si crederebbero disonorati se mancassero al giuramento fatto al Re. O militari italiani delle due Sicilie, prima di esser militari non eravate e non siete cittadini anche adesso? Voi avete giurato di essere fedele al Re, cioè al padre, al sostegno, al difensore della nazione: avete giurata fedeltà alla nazione rappresentata dal Re. Or se questo Re non è più il padre ma il carnefice, non il difensore ma il nemico, non il sostegno ma l’oppressore della nazione, voi siete obbligati dal vostro giuramento stesso a perseguitare chi non più rappresenta ma uccide la patria. Nè si dica che non v’ha più patria. La patria è eterna: essa può languire, non morire; può essere oppressa non spenta. Essa vi ha nutriti, vi ha educati, essa, cioè i vostri padri, i vostri parenti, i vostri amici, si cavano il sangue delle vene per darvi quel soldo che il comune tiranno dice di darvi. Voi dunque se siete uomini di onore anzi che esser sicari di un carnefice, dovete unirvi ai cittadini vostri fratelli, dovete porger loro la mano per aiutarli nel riscatto della patria, dovete mostrare che siete italiani e generosi, dovete far comprendere ad un Re stolto che guai a chi confida nella forza ed opprime i popoli profanando il nome di Dio.