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tato in Napoli si porta in Sicilia si paga un altro dazio, e così dalla Sicilia in Napoli. Tutti gli altri stati d’Italia han fatto una lega ed una legge sulla proprietà letteraria: solo il nostro governo non ha voluto parteciparvi, perchè non ha voluto lasciarci di proprio nemmeno il pensiero.

Se un uomo è impiegato deve servir per sei mesi senza soldo; il che significa che per sei mesi non deve vivere. Dal soldo deve lasciare il due e mezzo per cento per la sua vedova: la quale dipoi per grazia, e dopo lungo tempo dalla morte del marito può ottenere una pensione. Deve lasciare ancora il decimo: e questa imposta fa più dolore ai minuti impiegati i quali, da un soldo di dieci ducati si veggon tolti dodici carlini e mezzo; e così sono costretti alla frode, al furto. Un tempo si pagava anche il decimo graduale, cioè chi aveva un soldo maggiore di cento ducati doveva lasciare il venti per cento, chi duecento il trenta, e così via via. Quando nel 1836 nacque il primo figliuol di Ferdinando, questi perdonando le pene ai condannati ribaldi, tolse il decimo graduale che spiaceva agli alti impiegati, e rimase il decimo ordinario che s’aggrava su tutti e dispiace ai più miseri.

Non sapendo onde trar denari si è disposto che ogni supplica che si fa al Ministro delle Finanze deve essere in cartaccia bollata, che costa sei grani il foglio; e di questa carta si deve usare in tutti gli atti giudiziarii. Si profitta della religione del popolo e si traggono circa quarantamila ducati l’anno dalle bolle che permettono di mangiar grasso nella quaresima; e solo seicento ducati si mandano in Roma. Si profitta dell’ignoranza della plebe per trarre un milione l’anno di guadagno dall’infamissimo giuoco del Lotto, si permette ai prenditori ogni arte per adescar la plebe a giuocare. Giuocano, vendono il letto, levano il pane ai figliuoli, sprofondano in miseria, le donne vendon l’oro a qualche prete o frate che ha fama di cabalista; e poi delusi bestemmiano, e tornano a sperare ed