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uomini che sappian leggere; qui non v’ha istruzione nè educazione popolare; qui è un doloroso pensiero pe’ padri di famiglia come è da chi far educare i figliuoli; qui rarissimi artigiani san leggere; ignorantissimi i nobili e guasti, ignorante la plebe ma vogliosa di sapere, impotente d’imparare; l’educazione delle donne è suonare, cantare, danzare, lascivie. Ma qui per grazia di Dio, è terra italiana; e sebbene uno scellerato governo l’opprime qui è vivo ingegno, ed uomini che han vero e forte sapere, e cuore caldo i quali stanno chiusi e nascosti per non macchiarsi di vergogna, e serbarsi, a tempi più lieti.


CAPO SETTIMO


LE FINANZE.


Pagare, o non altro che pagare devono i miseri abitatori delle Sicilie; stretti e smunti da enormi dazii e pazzi che si aggravano crudelmente su i più poveri. Il dazio della fondiaria che è del venti per cento, è malamente ripartito, ed avaramente esatto; più il tre per cento che fu imposto per fabbriche indispensabili, cioè la ristaurazione del Real Palazzo, e dello stabilimento dei reietti, e pel mantenimento dei poveri. La fabbrica del Palazzo è finita da un pezzo, l’Annunziata è restaurata dall’incendio sofferto, e cava la rendita da una quantità di botteghe novellamente costruite: i poveri ci assediano in tutti i luoghi ed il tre per cento persiste tuttavia. I grandi possessori se ne lagnano, ma i possessori minuti talvolta abbandonano i loro miseri fondi a percettori, perchè coltivandoli non ne caverebbero di che pagare la fondiaria. Il contadino che ha poche braccia di terreno ed un misero