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no gli ottantanove e ne morrebbono di più se le buone donnicciuole napolitane non si prendessero per loro divozione quei figliuoli della Madonna, e non li allevassero esse. Torre il pane ai mendici, alle innocenti creaturine è tale crudeltà che solamente noi la vediamo, e solamente il nostro governo può non vendicarla. Il ministro dell’Interno dà un’occhiata ai soli conti della spesa e dell’entrata e con gran cura, disegna, suggerisce, approva le proposte di fabbriche, di decorazione esterne, di miglioramenti alle stanze dove s’intrattengono i governatori e di tutte quelle opere dove si può spendere poco e rubare molto.

Gli ammalati ed i matti hanno anch’essi i loro carnefici. Quando si ragunò il settimo Congresso in Napoli fu scelta una Commissione di medici e chirurgi per osservare lo stato degli ospedali civili. La Commissione osservò, pianse di pietà e di sdegno, scrisse un caldo e lungo rapporto, nè della Commissione, nè di nulla si fe’ parola negli Atti; tutto fu soppresso per ordine del Santangelo Ministro, e presidente del Congresso. Nel giornale intitolato Annali universali di Medicina stampato in Milano dal Calderini, (anno 1846 mese di Febbraio o di Marzo) si parla di questo fatto, e si dice non si volle che la voce del povero giungesse al trono. No, no, non ci volle questo: le orecchie di Ferdinando son sorde a maggiori grida. Si volle nascondere questa vergogna agli stranieri; ed han fatto bene i bravi Milanesi a svelare quest’altra oppressura patita da loro sventurati fratelli delle Sicilie.

Lo stato dei miseri prigionieri non è punto migliore. Il governo dà quattro grani e due decimi al giorno per ogni carcerato: e l’appaltatore deve fornire il pane, la zuppa, l’olio, i vasi di creta, deve imbianchire il carcere ogni sei mesi, dar buone mance, far il suo guadagno.

Una sola ramaiuolata di fave fetidissime, ed un pane di fango son tutto il cibo di quei miseri. Ogni sei mesi si