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il commercio interno attraversato da mille ostacoli che valgono i trattati? Quando un popolo con la zappa potrebbe cavar tesori dalla sua terra e dar tutto a tutti, è ammiserito, avvilito, spossato, stanco, tutto il suo commercio dovrà essere passivo, dovrà essere a suo danno: le arti dovranno anch’esse languire, perchè morta è l’agricoltura che è loro madre.
Ottime e sante sono le istituzioni di benficenza; ma che valgono esse quando la mano che è destinata a dispensare il benefizio è rapace e spietata. Tra le altre la Beneficenza della provincia di Napoli ha ottocento mila ducati di rendita l’anno, e quella di Terra di Lavoro settecentomila, ed intanto un milione e mezzo di ducati appena basta per pochi poveri mal vestiti, mal nutriti, chiusi in luoghi peggiori di carceri. Amministratore dell’Albergo dei poveri in Napoli è stato per molti anni Felice Santangelo fratello del Ministro, questi empì l’albergo di una turba di scriventi, che come mosche canine succhia vano il nutrimento de’ poveri orfanelli, ed accordatosi con gli appaltatori che fornivano le vesti ed il cibo faceva le più scellerate e svergognate rapine. Un giovanetto si gettò dall’alto di una finestra e si sfracellò in terra; essendo vissuto poche ore, e domandato perchè aveva voluto morire, rispose per fame e per disperazione. Di fame morivano que’ miseri fanciulli che pure erano nati da uomini, e spaventati fuggivano da quell’albergo di dolori, d’infamie, e di terrori. Il Re stanco di udir tante ladronerie del Santangelo, fece giustizia a suo modo: gli tolse l’ufficio di Amministratore, ma gliene diede un altro con un bel soldo ed onori; e destinò una Commissione di otto uomini probi a governare l’albergo.
Ma dove ti senti stritolar l’animo e spezzare il cuore, dove si vede una crudeltà empia, è nell’ospizio dei trovatelli, detto la Nunziata. Ogni nutrice latta tre o quattro bambini, scarni, pallidi, affamati, di ogni cento ne muoio-