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vien assoluto dal tribunale. Dopo questa infame pena comincia l’istruzion del processo, che vien fatto da un Commissario, comincia la causa che deve portarsi alla Corte Criminale e comincia dalla tortura.

Sta scritto nel codice penale che la tortura è abolita; ma andate nelle carceri e vedrete in qual modo la tortura lacera le membra dei miseri prigionieri, che ne rimangon storpii e mal conci. Domandate quei prigionieri, ed essi vi risponderanno: «Io non voleva confessare come il Commissario voleva, ed egli mi fece spogliar nudo, legar le mani ai testicoli, e gettar sul corpo secchie d’acqua fredda nel mezzo del verno. — Io fui legato mani e piedi e così sospeso ad una fune che per una carrucola pendeva dalla soffitta: mi davano i tratti e io gridava non saper nulla, il Commissario mi veniva addosso arrabbiato, mi feriva il capo col manico di uno stiletto, mi pugneva, mi mordeva, mi svelleva persino i peli dalle dita dei piedi... dissi ciò che ei volle. — Mi spogliarono nudo, mi legarono, mi batterono, mi rotolarono per le scale, non mi diedero nè mangiare, nè bere per due giorni, e per farmi morire anche di freddo, aprivano la finestra della segreta la notte, e la chiudevano al giorno.» Or in quali paesi, da quali carnefici si fanno queste crudeltà bestiali? Nè si creda che sono esagerazioni, o cose che non si possono provare, che chi entra in un carcere, chi ode una discussione nella Corte Criminale vede ed ode cose peggiori di queste. E le udirono quegli scienziati che venuti al congresso in Napoli assistettero ad una gran causa criminale, e videro gl’imputati che

    sepolcro al Camposanto spendendovi seimila ducati. Questi è il boia dei poveri carcerati, e la furia che consiglia il Ministro ad incrudelire. Il Re sapute tante ribalderie gli tolse tanto potere. De Cristofaro ricorse a Monsignore: ed ora ha il potere stesso, vive, gode, si confessa, si comunica, insulta Dio e gli uomini.