Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. II, 1934 – BEIC 1926650.djvu/88

82 parte terza - capitolo xx [368]


ora dietro un albero, ei solo tien fronte a cinquanta nemici irritati e maravigliati di tanto ardire. Due soldati non visti lo assaltano di fianco, gli scaricano due fucilate, una palla gli porta via il moschetto e il dito indice della mano destra, gli vanno sopra per trapassarlo con le baionette; ma egli, benché disarmato e ferito, slanciasi, afferra con le mani le due baionette, le separa, le svia, e abbranca uno dei soldati per farsene scudo, e non morir solo. Sovraggiungono gli altri, che gli danno vari colpi in testa, sulla fronte, in una natica; e l’avrebbero disonestamente ucciso, se un caporale da lui ferito in una gamba, non l’avesse generosamente salvato e frenata l’ira soldatesca.

Mutilato e sanguinoso, è trascinato in Castrovillari: e risanato dalle ferite, dopo due mesi, è gettato nel carcere di Cosenza; dove sempre lieto, sempre confidente, cantava, poetava, occhieggiava quante donne si volgevano al suo canto. Interrogato dal giudice, disse schiettamente il fatto com’era andato: e ripreso dall’avvocato che quella schiettezza lo perderebbe, rispose: «Oh era meglio mentire e disonorarmi?» La prima causa politica trattata innanzi la corte criminale di Cosenza, fu la causa sua e di Giovanni Pollaro, giovane palermitano, al quale in un altro combattimento una palla tolse un occhio e metá del naso: ed ambedue furono dannati a morte. Con la scure sul collo, in mezzo ai piú fecciosi assassini e nel piú scellerato carcere, egli sperava, confidava, rideva, cantava, verseggiava, folleggiava giovanilmente e si compiaceva del dispetto che si avevano coloro che avevano pensato di atterrirlo. Dopo dieci mesi venne la generosa grazia ad entrambi; e la pena di morte fu commutata in quella dell’ergastolo. Indi a poco i due mutilati ed onorati giovani con una lunga funata di settantadue ribaldi condannati alla galera, furono menati da Cosenza a Paola, dove imbarcati sovra un brigantino rimorchiato da un battello a vapore, sbattuti pel Faro e lo Spartivento, pel Jonio, per l’Adriatico, sbarcarono a Pescara, e furono chiusi in quel bagno. Colá rimasero i galeotti: i due giovani con altri due ergastolani furono per gli Abruzzi, di carcere in