Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. II, 1934 – BEIC 1926650.djvu/317

[597] seconda difesa di luigi settembrini 311


scere da un monte; questo fatto non poteva essere anche una lontana conseguenza di un consiglio di uomini che han senno umano. Egli è una mosca che dalla immaginazione di alcuni e dalla malvagitá di altri si è voluta far divenire un elefante.

Ma io spero, anzi son certo, che voi giudici sapienti e coscienziosi, per amore della ragione umana, per amore della logica che è nata in questo paese, per amore del principe che ci governa, darete ai fatti il valore e la definizione che meritano; ed avrete presente quello che io chiamava idea madre del processo, cioè che tutto si riduce ad un intrigo di pochi, ad una vergognosa scrocconeria, la quale dalle piú che femminili fantasie napolitane, è stata creduta una grande cospirazione.

E qui lascerò di parlare di questi ultimi fatti, perché essi non mi toccano, non riguardano la mia difesa; e crederei di oltraggiare il senno e la giustizia vostra, se volessi mostrarvi quello che tutto il processo mostra; che gli avvocati hanno chiarito, e che voi sapete, che il fatto del 16 settembre fu un fatto particolare, circoscritto a pochi, non premeditato, ma improvvisato, non destinato come segno d’insurrezione, non attentato per rovesciare il governo, non effetto di cospirazione, ma di febbrile immaginazione, tentativo e semplice tentativo di far fuggire la gente, ed impedire una supposta dimostrazione contro una forma di governo.

Conchiusione.

Signori, io spero di avervi chiaramente dimostrato, che io non sono né settario, né capo, né cospiratore, ed anche da questo sgabello posso dire con fronte alta che sono un onest’uomo. Se mi sará dato a colpa l’essere onesto, l’aver creduto che la virtú non sia una illusione, l’aver consumata la vita tra fatiche, stenti e dolori di ogni sorta; l’essermi dedicato ad ammaestrare amorosamente i giovani, e fare nel mondo la mia parte di bene; se questo è il mio delitto, fatemi morire, io disdegno di vivere dove la virtú è delitto; io andrò a presentarmi ad altro giudice, e da Lui avrò quella giustizia che gli uomini mi negano.

Aspettando serenamente la vostra decisione, io voglio innanzi di voi e di tutti quelli che mi ascoltano dare un ultimo e solenne insegnamento ai miei figliuoli che mi ascoltano: voglio che essi perdonino ai persecutori del padre, perché questi non sanno quello