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[471] trepidazione 185

sta: scrivimi qualche cosa, acciocché io gli possa leggere le tue parole e consolarlo. Le lettere sono innocentissime, come egli mi ha detto, e però io te le mando. Rendiamo questo servigio ad un povero giovane, se vogliamo che altri aiuti Raffaele nostro. La lettera dev’essere spedita a Genova, a Genova messa in posta.

Qui abbiamo i gesuiti che fanno gli esercizi spirituali. Un forzato uccise un cappellano non è un mese: però sono venuti i gesuiti per ammansire tanta ferocia. Io credo che questi faranno bene agli ergastolani: cosí stessero solamente nell’ergastolo e nei bagni, dove possono far bene!

8 ottobre.

Oggi sono ventitré anni che sposammo. Che differenza tra quel giorno e questo! Finissero almeno una volta tanti dolori!

Addio Gigia mia carissima. Scrivimi a lungo della tua salute, delle speranze che hai di uscire di questa condizione, di Raffaele nostro, della Giulia, della bimba, di ogni cosa. Oh quante cose io vorrei sapere di te.

Ti abbraccio caramente e ti mando un carissimo bacio. Aspetto tue lettere, e finché non le avrò sono in penosa aspettativa. Addio, Gigia mia diletta: addio.

Luigi tuo.