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[453] inchiesta giudiziaria 167


hanno mescolato falsa-moneta e setta, ed hanno nominato anche me ed altri, tutti in un mazzo. Non ti so dire il ribrezzo che mi ha prodotto il vedermi fare quelle dimande, e sapere che il mio nome è in processo cosí sozzo, e che da magistrati e dal governo si profitti di ribaldi conosciuti per darmi queste noie, e cercare di offendermi. Ma dopo il ribrezzo mi è venuto un sentimento diverso, ho riso e disprezzato questi bassi ed infami artifici. Il giudice si è mostrato in certo modo persuaso della bruttezza della cosa, ma essendoci il colore politico non ha potuto fare a meno di non istruire. Io dunque vorrei che Errico, se può, s’informasse di questo processo, e mi facesse sapere qualcosa di preciso. Dimani m’informerò del nome del giudice, e te lo scriverò. Tu non darti pena per questo, ché io ho giá ripreso la mia tranquillitá, la quale veramente non ho mai perduta. Di male nulla mi può avvenire; all’onor mio non possono far male pochi scellerati, né chi si serve di questi scellerati. Qui poi le denunzie di questo genere sono cosa solita, e ognuno per farsi un merito accusa condannati politici, e dice cose che può dire un ergastolano. Non si è mai creduto a tali denunzie; ora ci si crede, o per dir meglio si finge di volerci credere, e cosí si scende al pari degli assassini. È cosa spiacevole che io non posso star quieto neppure in un sepolcro! Tu non ti rattristare per una sozzura, che non può giungere a toccarmi. Né pensare che io possa avere restrizioni, o che altro: a me non si farebbe ciò che non si fa agli ultimi ergastolani in questi casi. Ti dico tutto questo acciocché tu non istia in pensieri e non immagini ciò che non è, né può essere. Sto come stavo; ho i riguardi che avevo. Qui si è avvezzi a questi giuochi che si fanno sempre, ed ora è stato fatto a me per giuocare una posta piú grossa. È niente, ti ripeto, è niente altro che una sozza ribalderia. Bisogna averci pazienza, e vivere in modo da fuggire con la mente in un luogo dove si è col corpo. Ed io cosí ci vivo, e per purificarmi vengo col pensiero a te, o mia Gigia, e alla Giulia nostra, o vado seguitando sull’oceano il nostro caro e benedetto Raffaele.