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LIX

(Ancora Sapri).

Santo Stefano, 25 luglio 1857.

Mia cara ed adorata Gigia,

Non ti so dire quanto dolore ho sentito nella parte piú viva dell’anima pel fatto di Ponza, e per il macello di Padula. Quel sangue, e quello che si verserá, e i dolori che saranno patiti da tanta gente ingannata, ricadano tutte sul capo di coloro che consigliano queste imprese disperatamente pazze. Scolari nei príncipi, stolti e scellerati nella scelta dei mezzi hanno rovinata la causa pubblica. Trenta persone con una sorpresa vogliono mandare sottosopra un paese di otto milioni d’abitanti; con un esercito di centomila uomini: vogliono parlar di repubblica a gente che otto anni fa mangiava carne umana; e che non intende altro che la rapina! Maledetto chi ha mandato al macello tanti giovani generosi ed inesperti! Maledetto chi consigliava pugnalare i soldati in Livorno, e in Genova. Genova gode di tal bene, che la Francia stessa ora non ha, e questi matricidi glielo volevano togliere! E questi biasimavano i condannati napoletani che accettavano di andare all’Argentina!

Oh, se io fossi libero vorrei scrivere un libro ed accusare innanzi a tutti i popoli civili presenti ed avvenire costoro che straziano a questo modo una patria che essi non conoscono, e non hanno mai conosciuta. Ma non posso altro che tacere, e gemere, e fremere ancora quando vedo che non si ha conoscenza né rimorso di quello che si fa, e quando mi vedo confuso con persone dalle quali sono lontanissimo per principi e per sentimenti. Basta: io non so che ti ho scritto, e il dolore mi ha strappate queste parole. Ho un peso sull’anima che mi opprime: e l’ergastolo mi sembra piú tormentoso, e chiuso, e stretto, e pesante. Parliamo d’altro....