Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. II, 1934 – BEIC 1926650.djvu/16

10 parte terza - capitolo ii [296]


piú malagevole della prima, per la quale con l’aiuto delle mani e dei piedi scendesi al mare. E null’altro vede, perché null’altro v’è fuorché il mare, ed il cielo, e le isole lontane, e il continente piú lontano ancora, a cui vanamente il misero sospira.

Un edifizio di forma quadrangolare sta innanzi l’ergastolo, e ad esso è unito dal lato posteriore. Il lato anteriore o la facciata di questo edifizio ha due torrette agli angoli, ha cinque finestre, ed in mezzo una trista porta guardata da una sentinella: su la porta scritto questo distico:

          Donec sancta Themis scelerum tot monstra catenis
          vincta tenet, stat res, stat tibi tuta domus.

«Finché la santa Legge tiene tanti scellerati in catene, sta sicuro lo stato e la proprietá». Parole non lette o non capite dai piú che entrano, ma che stringono il cuore del condannato politico e lo avvertono che entra in un luogo di dolore eterno, fra gente perduta, alla quale egli viene assimilato. Bisogna avere gran fede in Dio e nella virtú per non disperarsi. Varcata la porta ed un androne, si entra in un cortile quadrilatero intorno al quale sono le abitazioni di quelli che sopravvegliano l’ergastolo, magazzini per provvigioni, il forno, la taverna. Custodi dell’ergastolo, come di ogni altro bagno, sono il comandante, che è un uffiziale di fanteria di marina, un sergente, un aiutante che è detto comite, pochi caporali, e bastevol numero di aguzzini; un altro uffiziale comanda un drappello di soldati, i quali guardano l’esterno. Vi sono ancora due preti; due medici, un chirurgo, e tre loro aiutanti; v’è il provveditore, ed il tavernaio. Nel cortile sei circondato dagli aguzzini coi loro fieri ceffi, i quali ti ricercano e scuotono le vesti, ti tolgono la catena se sei condannato all’ergastolo, e te la osservano e ribadiscono se sei condannato ai ferri. Uno scrivano ti domanda del nome e delle tue qualitá personali: ed il comandante, dopo averti biecamente squadrato da capo a piè, ti avverte di non giuocare, di non tener armi, starti