Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. II, 1934 – BEIC 1926650.djvu/155

[435] le domande di grazia 149


tuirsi sempre: ma il volere del re non può mutare? Desidero che tu mi dica che ne pensa tuo nipote, e se il Panizzi sa niente di questo contratto, e che ne dice. Per me non mi spaventa né il viaggio, né nulla: vedo solamente dietro a me il terribile ergastolo che abbandono, ed innanzi a me la mia Gigia ed il mio figliuolo, che io ritrovo dopo sette anni di lontananza e di dolori.



XLVII

Le domande di grazia e la deportazione.

Santo Stefano, 23 dicembre mattino 1856.

Essendosi sparso l’affare delle dimande, ho creduto mio dovere di dire ai compagni, raccomandando loro il segreto, l’affare di America: acciocché ciascuno possa pensare a casi suoi, e scegliere il partito cui deve appigliarsi. Non c’era poi una gran ragione da tenere il segreto, se non fosse per riguardo alla persona che te l’ha detto: ma la persona non è conosciuta, né la cosa si sparge. Onde puoi star sicura che non nascerá nessuno inconveniente. Ho creduto debito di onore a dirlo: chiederanno o una dimanda vergognosa e forse non esaudita, o l’esilio. L’ho fatto adunque per istornar le dimande inutili, e per il bene di tutti.