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XXXI

(La morte della mia mente).

versi


     È morta, è morta! Due gemine stelle
lucevano nel cielo: una si spense
e cadendo vanì: l’altra sorella
senza luce rimasta e senza amore,
per gl’infiniti, oscuri, sconsolati
spazi dell’universo va piangendo
e cercandola invano. Alle compagne,
che van pel firmamento pellegrine,
e scintillano liete del sorriso
di quella Intelligenza che le move
e le innammora, chiede l’affannata:
«dite, dov’è l’intelligenza mia?»
«È morta», le rispondono, «è caduta
nel nulla che circonda l’universo».
La disperata prosegue l’andare.
E al nulla va, ché non desia che il nulla.

     Rinverdirá, rifiorirá quel tronco
che il turbine e la folgore percosse,
e solcato lasciò di larghe piaghe?
L’albero rigoglioso or fatto è brullo
e secco tronco; e di vitali umori
piú la terra nol nutre inaridita.

     O giorni lucidissimi, o sereni
della mia giovinezza, dove siete?
Una tenebra fitta e dolorosa
stammi d’intorno; il lume che splendeva
nella mia mente è spento, e l’armonia
che dentro il cor mi risonava, or tace.
Orbo cammino, e levo il mento in suso