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I

La fanciullezza.

Ho a parlare di tante malinconie, lasciatemi prima rinfrescare lo spirito con le memorie dei miei primi anni quando entrai nel mondo, che mi parve tanto bello ed allegro.

Io ero un diavoletto di bambino che pigliavo e rompevo tutto in casa; e mio padre, che era ammalato e ne pativa, mi diceva sempre: «La levatrice fu profetessa quando dopo il battesimo ti presentò a tua madre ed a me e disse che saresti riuscito un gran diavolo perché avevi rotta la fonte». «Non ho rotto nessuna fonte», dicevo io. Ed egli: «Tu nascesti in Napoli nell’anno 1813, il 17 di aprile, giorno di sabato santo, via Magnocavallo case di don Innocenzio Rossi, poi del signor Luigi Manzelli, e fosti il primo battezzato nella fonte della nuova acqua benedetta, e però rompesti la fonte». Cosí fui fatto cristiano e cattolico senza ch’io ne sapessi niente.

Mio padre si chiamava Raffaele Settembrini, ed era avvocato, come mio nonno Vincenzo, ed altri vecchi di casa nostra. Mio nonno era di Bollita paesello di Basilicata sul mare Ionio (oggi detto Nova Siri), e giovanetto venne in Napoli a studiare, e qui si fermò, e ci prese tre mogli che gli diedero 24 figliuoli. Mia madre Francesca Vitale era anch’ella figliuola d’un avvocato.

Verso il 1820 mio padre, per una crudele malattia che lo straziò per lunghi anni e finalmente lo spense, uscí di Napoli con la sua famigliuola e andò a stabilirsi a Caserta, dove