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32 parte prima - capitolo iv


mirabilia, per modo che dalle Marche e dalle Romagne vennero alcuni messi a richiederlo d’aiuto, e che lo griderebbero re d’Italia se egli volesse col suo esercito combattere gli aborriti austriaci. Insomma tutti nel regno e fuori si agitavano, e credevano che se pure scoppiasse la rivoluzione egli se ne farebbe guidatore. Il ministro di polizia Nicola Intonti, vedendo anch’egli ciò che tutti vedevano, prese a carezzare i liberali che pochi mesi innanzi aveva fatti fucilare; e sia per sciocchezza che egli reputò astuzia, sia per paura, o voglia di tenersi in sella, disse al re, che i cervelli erano sossopra, che stava lí lí per scoppiare una rivoluzione come quella di Parigi, che ei non sapeva come scongiurar la tempesta, e bisognava pur concedere qualcosa. Un po’ di costituzione non era poi il diavolo: maneggiata da un re forte e da ministri abili saria piuttosto un giuoco che un pericolo, e intanto cheterebbero quei bollori. E poi concedere una costituzione per acquistare la corona d’Italia è un dare uno per avere mille, come fanno i frati. Il re giá piegava: e immaginate le parole che dicevano le lingue napoletane. «Sí, fará, non fará: oh, avremo la guardia nazionale e sará comandata da Florestano Pepe: il giovanotto ha un’ambizione grande, ed ecco perché ama tanto i soldati». Ma una bella mattina si seppe che la notte l’Intonti era stato arrestato, messo in carrozza, e mandato fuori del regno; e in suo luogo fatto il Delcarretto che lo aveva arrestato. Si disse venuto un avviso da Austria che l’Intonti era un traditore, e un comando di cacciarlo via; non si cedesse, né si mutasse nulla, ché giá scendeva un esercito austriaco nelle Romagne, e entrerebbe anche nel regno se fosse necessario. Infatti gli austriaci entrarono in Romagna; l’Europa protestò contro l’occupazione, la Francia protestò anch’essa ed occupò Ancona: e cosí i popoli erano scannati dagli austriaci, canzonati dai francesi, e ribenedetti dal nuovo papa Gregorio XVI. Si tornò a la servitú che nel linguaggio furbesco della politica si chiama ordine.

Cadute queste speranze gli animi irritati facevano altri disegni, e si persuadevano che libertá si piglia per forza non