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racconto di mia moglie 269


derti, e come infine dopo di aver parlato invano col commessario, dopo non aver voluto ascoltare gli avvocati che mi consigliavano di ritirarmi, Raffaello aveva ottenuto il permesso dal procurator generale, ed io ti aveva veduto; come tu mi desti quella lettera che io aveva in mano, e non aveva letta ancora. La buona Cecilia mi guardava con gli occhi pieni di lagrime e mi disse: «Stiamoci tutti uniti in mia casa, che è la piú vicina alla Vicaria: acciocché appena anderanno i gendarmi a San Francesco per prendere mio marito e gli altri e condurli ad ascoltare la decisione, noi saremo subito avvisate ed andremo anche noi». Mi piacque ed andammo tutti in casa Dono accompagnate da Giovanni tuo fratello.

Sedemmo ad un divano tutte aggravate di mestizia, perché uno era il dolore di tutte. Ondeggiavamo in mille pensieri, in mille palpiti, ognuno di noi sospirava, pensava, diceva: «Chi sa che avranno deciso i giudici! O Dio mio, e qual colpo ci toccherá di sentire fra breve! questo giorno deciderá della nostra sorte». Lo zio di Cecilia, vecchio e venerando sacerdote, ci consolava con fatti della sacra scrittura e con esempi di santi, e ci animava e ci esortava a sperare in Dio padre degli oppressi. Cosí passammo quelle amare ore con le orecchie tese, ad ogni suono di campanello il cuore ci palpitava, e dimandavamo: «Chi è? è aperta la camera?» ci rispondevano: «Non ancora». La signora Cecilia con tutta quella ottima famiglia ci obbligò a prendere un brodo: sedemmo a tavola: ma che cibo? Il brodo non volea scendere in gola. Ci guardavamo, e dicevamo cogli occhi: «Che sará! quando finiranno queste agonie?» Ecco un suono di campanello; io dimando: «Che cosa è? è qualche avviso?» Cecilia rientro, e mi rispose che non era nulla: ma io la vidi turbata, vidi la famiglia turbata, nessuno gustava cibo, la smania cresceva, io mi levo dalla tavola e vedo la Giulietta, che viene a me e dice: «Mamma, zio Vincenzo è fuori seduto da molto tempo, e dice che vi sono brutte cose per papá». Corro io fuori come una forsennata, non bado piú a nessuno, vedo Vincenzo... Luigi mio, io non reggo piú a continuare, io