Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. I, 1934 – BEIC 1926061.djvu/249


tre giorni in cappella 243


dovevano sofferire piú di noi. «Oh» disse un custode, «questo è vero. Don Michele vi chiama sempre a nome, e pare un forsennato: il barone Poerio è afflittissimo, don Vincenzo Dono, don Cesare Braico, tutti ci domandano di voi, come state, che dite, che fate». «Dite loro che noi stiamo tranquilli». I custodi ed i chiamatori intendevano di confortarci narrandoci come essi avevano guardati altri condannati a morte per delitti comuni, dicendoci che il tale stava dove stavamo noi, e mentre mangiava gli fu partecipata la grazia; e che lí, in altro angolo della stanza, stava colui che uccise un ispettore di polizia, ed andò a morte. E cosí udendo i loro discorsi, e le consolazioni che credevano di darci, passò buona parte della notte. Infine stanchi ed addolorati dalle pastoie, che non ci lasciavano serbare altra posizione che la supina, cercammo d’addormentarci. Filippo e Salvatore dormirono profondamente: io stetti alcun’ora in uno stordimento doloroso.

4

La mattina della domenica 2 febbraio don Ciccio ci portò il caffé, e ci disse: «Ve lo manda don Michele, che vi saluta e vi dice di stare di buon animo. Egli è passato nella carcere comune de’ nobili. Tutti gli altri vi salutano caramente». Questi saluti ci furono carissimi, e ci sorprese come si portava il caffé a condannati a morte. Ci disponemmo ad aspettare i Bianchi, e credevamo che entrassero ogni volta che s’apriva la porta. Poco di poi ritornò don Ciccio, mi diede una lettera, e mi disse: «Vostro fratello, che vi manda questa, vi fa sapere che vostra moglie co’ figliuoli, con la moglie del signor Agresti, con quella dei signor Faucitano, e con un vostro fratello prete, sono partiti al momento per Caserta». «O dabbene uomo, Iddio possa benedire te, i tuoi figliuoli, e tutta la tua famiglia, dacché non temesti di essere uomo, e desti una consolazione grande a tre condannati a morte». Lo ringraziai, e lessi questa lettera:

«Carissimo Luigi mio, mio sventurato Luigi, Come stai?