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238 parte seconda - capitolo ii


Fatto, e deciso nella camera di consiglio, a porte chiuse, in continuazione dell’ultimo atto della pubblica discussione del dí 31 gennaio, e pubblicato all’udienza pubblica a norma della legge nel successivo mattino del primo febbraio mille ottocento cinquantuno in Napoli.

Firmati
Navarra Consigliere presidente
Del Vecchio Vice presidente
Lastaria Giudici
Canofari
Amato
Radice
Vitale
Mandarini
Ascione Vice cancelliere».


Dopo la lettura io dissi: «Ringraziate la corte in nome di Luigi Settembrini». «Ringraziatela anche a nome di Agresti», rispose Filippo: e cosí dissero ancora il Faucitano, il Pironti, e gli altri. L’usciere andò via. Allora Filippo si tolse l’orologio e i denari che aveva in tasca, un anello che aveva al dito, diedelo a Michele e disse: «Darai questa alla mia povera Alina». Io gli diedi anche il mio orologio ed alcune monete, e lo pregai di darlo a mia moglie. O che momento fu quello! Pironti piangendo a singhiozzi ci abbracciava, ci stringeva, diceva: «Luigi mio, Filippo mio, mio Salvatore, io voglio venire con voi, voglio morire con voi! perché mi hanno separato da voi? Ah, io non potrò rimanere senza di voi!» E quando lasciava uno per abbracciar l’altro, ci sentivamo stretti ed inondati di lagrime or da Vincenzo Esposito, or da Giuseppe Caprio, or da Emilio Mazza, che dicevano: «Perché soli tre a morte, e non tutti?» Io non so se i custodi o altra gente ci guardavano, e che sentivano: nessuno ci diceva alcuna cosa. Filippo disse a Michele: «Ricordati di te stesso, questo pianto sconviene». Io confortava il povero