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ritorno a casa 17


Dopo la lezione tutti e due ce n’andavamo nel bosco reale, luogo di delizie celebrato in tutta Europa, e quivi dove erano piú ombrosi i viali e maggiore silenzio, noi passeggiavamo leggendo l’Atala dello Châteaubriand, e quando l’uno era stanco, leggeva l’altro. Oh che libro fu quello per me! io vedevo con la fantasia le vergini foreste dell’America, e quelle donne indiane, e quell’Atala, e quei pappagalli sulle rive del Meschacabi. Poi leggemmo l’Ariosto, e ne imparammo a mente i canti piú belli. Intanto facevamo le nostre osservazioni su le cose che ci circondavano; e una volta io vedendo gli alberi tagliati in modo da parere una muraglia verde, avendo la fantasia a le foreste americane, dissi al compagno: «Vedi come l’uomo guasta la natura e crede di correggerla. Io scriverei un libro su questo taglio degli alberi». «Un libro? vah! e che diresti?». «Che è una tirannide, e che si potano gli uomini e gli alberi al modo stesso». «Oh, sta zitto, ché qui ci può sentire qualcuno». E seguitammo a leggere l’Ariosto. In mezzo a quegli alberi, a quelle erbe che mandavano mille odori, io mi sentivo rapito come in un altro mondo, e facevo quei castelli che si fanno in quella beata etá di quattordici anni. Un giorno mio padre sorridendo mi dice: «So che stai scrivendo un libro». «Io? no. E su di che potrei scrivere un libro?». «So che scrivi su certi alberi». «Oh, lo dissi per dire; ma Salvatore è una spia». «Spia no, ma piú prudente di te che parli di tirannide in un luogo reale dove puoi essere ascoltato». Salvatore de Spagnolis, disonorando la sua onesta famiglia, fu commessario di polizia, ed ebbe tristo nome al tempo dell’ultimo Borbone. Cominciò la sua arte da allora: io mi allontanai da lui, e fatto giovine non piú gli parlai né lo vidi.

Andavo solo nel bosco, e in altre ore. E per dirvi la veritá davvero io ci andava per un’altra ragione, perché ci avevo adocchiata una fanciulla figliuola d’un custode, la quale era poco minore dell’eta mia, e pareva una farfalletta, rideva sempre e si moveva, e mi lanciava occhiate. Una mattina in un viale me la vedo innanzi saltante come una cavriola. «Come

L. Settembrini, Ricordanze della mia vita - i. 2