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dopo il 15 maggio 211


e ingrossando per via come una fiumana rovesciarsi sopra Napoli, e andare anche oltre: ma altri uomini, altri tempi, altra causa, ed egli non cardinale. La rivoluzione di Calabria era cosa molto grave, se fosse cresciuta: e però il governo pensò di opprimerla subito e con vigore. Ferdinando trovò subito soldati, armi, munizioni, vesti, scarpe, ogni cosa necessaria: e ai primi giorni di giugno partí per mare il generale Ferdinando Nunziante con quattromila uomini, sbarcò al Pizzo, si fermò in Monteleone: con duemila partí il generale Busacca, e sbarcato a Sapri prese la via delle Calabrie, e cosí le separò dalla Basilicata e dal Cilento che cominciavano a rumoreggiare: il generale Lanza con altri duemila uomini per terra prese la via consolare minacciando le popolazioni dintorno, e piú tardi si univa al Busacca. Cosí dunque i regi strinsero le Calabrie da ogni parte: i calabresi si apparecchiarono a resistere, e chiesero ai siciliani i promessi aiuti, e il giorno 15 giugno il piemontese Ribotti con seicento siciliani sbarcò a Paola, e il giorno seguente fu a Cosenza. E pure il Ribotti fece un grande errore a mettersi cosí tra il Nunziante, il Busacca e i due mari, senza pensare ad un modo di ritirata, ed essendo a capo di gente che non era soldati né decisa a vincere o morire. Se i siciliani avessero avuto senno e preveggenza dovevano mandare subito e prima dell’arrivo del Nunziante, una forte mano di uomini a Reggio dove era un debole presidio, e vinto questo facilmente venire su ingrossando ed occupare essi Monteleone; ma indugiarono, ed in ultimo presero il partito peggiore di cacciarsi proprio in mezzo ai nemici. La rivoluzione di Calabria non aveva un’idea potente su le moltitudini, dicevano di farla per mantenere la costituzione, e scacciare Ferdinando che l’aveva violata; non aveva capi e guidatori, ché il Ricciardi compito gentiluomo e liberale entusiasta faceva bei discorsi e larghi disegni, Domenico Mauro, scrittore di rabbuffate poesie e di versi ventosi, era tutto orgoglio e vanti e minacce: Pietro Mileti, antico uffiziale e maestro di scherma buono a combattere, ma di corto vedere, e facile ad accendersi: gli altri buone persone, colti,