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144 parte prima - capitolo xvii


rovescerebbero un governo stolto e malvagio. Questa persuasione spiega i moti napoletani tanto frequenti, i quali senza essa sarebbero ⟨stati⟩ una pazzia. Basta cominciare, e durare un po’, si diceva da tutti, e non mancavano uomini arditi che rispondevano: «Cominceremo noi», e se fallivano, ne incolpavano la fortuna, e c’erano altri pronti a ritentare la prova. Era giusta quella persuasione? A quelli che vogliono il bene soltanto da la mano di Dio pareva di no; agli animosi pareva di sí, ed ebbero ragione dal tempo.

Mentre noi eravamo ancora in carcere nel 1841 la cittá di Aquila levò il grido di costituzione. Avevano preso accordi coi paesi vicini, e con altre cittá degli Abruzzi, e con Napoli dove dicevano che un reggimento nella festa di Piedigrotta dell’8 settembre si solleverebbe, ed essi l’8 settembre si sollevarono, e uccisero il comandante le armi della provincia colonnello Gennaro Tanfano odiatissimo. Ma né i paesi vicini, né Napoli si mosse, e gli Aquilani rimasti soli provvidero ai casi loro, e i capi si salvarono con la fuga. Fu spedito all’Aquila un generale, e furono tratti innanzi la commissione militare centotrentatré accusati, ne furono condannati cinquantasei, quattro fucilati. Il governo sospettò che il marchese Luigi Dragonetti avesse dovuto aver parte in questo affare, ma non avendo pruove, si contentò di relegarlo tra i frati di Montecassino.

Fallito il tentativo dell’Aquila, ecco Cosenza offerirsi pronta a ritentare la pruova. Ci erano simiglianti accordi, ed il disegno di entrare in Cosenza, farvi la rivoluzione, e poi ritirarsi su i monti, e formare bande, e chiamare all’armi le Calabrie, la Sicilia, il regno. Il 15 marzo 1844 una mano di giovani armati entrano nella cittá, percorrono tutta la via della Giostra, si fermano a Portapiano dove piantano la bandiera tricolore, e attendono i compagni. I gendarmi dopo qualche esitazione escono comandati dal capitano Galluppi, figliuolo del filosofo, il quale li assalse a cavallo. «Capitano, ritiratevi, noi non l’abbiamo con voi, e non vogliamo sangue», disse una voce. Ma il Galluppi spronò il cavallo, e una palla lo colpí in un