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il processo 115


disse il Marcarelli con forza, «avete una gran pruova in vostro favore». «Io dimando che la commissione suprema faccia fare un’altra perizia chimica su quelle lettere». «Questo appunto si fará».

E una nuova perizia fu fatta dal giudice Neri, e vi furono chiamati anche i due primi periti adoperati dalla polizia, due farmacisti, i quali non seppero dar ragione di quegli spazi bianchi che si trovavano intorno a le parole, e i poveretti trovandosi imbrogliati dissero la veritá come era stata, che le lettere non le avevano scoperte essi, ma la polizia le presentò giá scoperte e volle che dicessero in un verbale di averle scoperte essi. Fu richiamato anche il reverendo parroco Barbuto, il quale confessò anch’egli un’altra falsitá, che a Cosenza andò a la posta, chiese lettere d’Anastasio, gliene fu data una, era mia, ei sospettò, l’aperse, vide che v’eran caratteri simpatici, li scoprí, si tenne il mezzo foglio, e su l’altro dove era la soprascritta, scrisse poche parole imitando il mio carattere, e cosí diede mezza lettera all’Anastasio e mezza a la Polizia. E sul Barbuto l’istruttore ebbe da Catanzaro le piú fosche informazioni, anche dal vescovo che lo diceva indegno sacerdote e sospeso a divinis; ed altri lo accusarono di brutte infamie che non voglio ripetere, e chiunque fu dimandato di lui lo dipinse come un ribaldo. Egli fin da prima era un tristo, ma soppiatto, e nessuno lo conosceva: quando si fu chiarito denunziante, ognuno gli calcò la mano addosso. Per non tornare piú su di lui dirò sin da ora che egli sopraffatto dal pubblico disprezzo e dallo sdegno anche della sua famiglia, ammalò e morí poco dopo che fu fatta la causa.

«Ecco qui», dirá taluno, «perché tu non li puoi vedere i preti, un prete ti denunziò: l’abbiamo capita». Taluno me l’ha detto cotesto, ed io ho risposto sempre: «La storia mi fa aborrire i preti: non una piccola offesa fatta a me da un miserabile, che poteva ancora non esser prete, ma diciotto secoli di delitti, di rapine, di sangue, ma i roghi, ed i tormenti, ma un immenso cumulo di mali, di corruzione, d’ignoranza, di ferocia, ma la servitú della mia patria, e di tante