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40 | scritti di renato serra |
più rilevato carattere il bisogno di realizzare! Ma tutte e due le immagini convengono al Pascoli; e quale più, quale meno, non si sa dire.
Il poeta che spinge la intensità dell’espressione fino al travaglio e al tormento ha per i luoghi comuni, per i ripieni generici, una indulgenza quasi infinita. Se si guarda alle rime, si trova che la trama della sua strofe è ordita solitamente di poche fila assai comuni. Rime di oro, di nero, di sera; rime di serena, di lontano, di vicino; rime di mare, di cielo, di infinito; rime di vento, di parola, di bianco, di grave, fanno le spese alla miglior parte dei suoi versi. Parrà osservazione molto materiale; ma ha pure il suo valore.
E poi queste rime facili e consuete si lasciano cullare da un frasario, che per quanto pascoliano e singolare, riesce a chi intentamente lo riguardi quasi una materia plastica che supplisce a tutti i bisogni senza differenza. Non c’è necessità di analisi minuta. Poiché chi non ha a mente quell’oro e quell’argento, quell’aria e quell’anima serena, quella dolce sera, bufera.... nera, campane lontane, cose.... dietro un velo, ombre di monte e di cielo; quel molle, pio, bianco, quell’ebbro di gioia o di pianto, quel muto, quel tacito oblio che nella lingua poetica del Pascoli cadono un poco per tutto?
Chi non ha a mente certi sfondi di paesaggio che il suo pennello lascia dietro sè a ogni poco, quasi senza accorgersene, «i neri boschi fumiganti d’oro» (o «sfuma li alberi neri un vapor d’oro» o «li alberi d’oro, le foreste d’oro»), il «tacito lume di luna», il «rosso tramonto»; la «notte nera»; certi echi che ogni suono suscita, il «clangore d’argento», il «silenzio profondo», e l’«eco lunga, nè so se....»?