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38 | scritti di renato serra |
assegnar bene la ragione; un mondo in cui dall’incontro di certe parole, dalla malia di certi particolari appena accennati, di certe sfumature, di certe che si direbbero assurdità, si sprigiona virtù d’incanti, insieme con la gioia dell’effetto realizzato è la meraviglia del prodigio.
Ed è il convento che rifiorisce nella mente delle due giovani assorte; «e si profuma il lor pensiero D’odor di rose e di viole a ciocche, Di sentor d’innocenza e di mistero».
È quell’odore che l’esule ritrova nella sua terra, e nel berlo ribeve il lume roseo della giovinezza, ritrova dolcezze angosciose di sogni, di amore, di mistero, «.... odore di mese di maggio, Buon odore di rose e di cera».
Qualcuno mormora, suggestione. E purchè non si prenda il vocabolo per una spiegazione, credo che possa in qualche modo convenire.
Ma a me piace meglio ricordare
i monti
tutti celesti; tutto era imbevuto
di cielo: erba di poggi, acqua di fonti....
(non si sorprende qui l’espressione, ancora formata, ma in quel momento in cui comincia ad ammollirsi, in cui s’avvia a divenire uno spunto vago per sè e indistinto, di musiche strane?); a me piace tornare insieme col poeta dalla campagna:
com’è dolce questo ritorno
nella sera che non imbruna,
per una di queste serate
fra tanto odorino d’estate.
Io ritrovo l’eco di quei gridi di bimbo alle sue bestie, che durano così a lungo nel dolce crepu-