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giovanni pascoli 33

astri, e l’anima è fatta piena del silenzio degli spazi interstellari....

Ora, questo ch’io dico può prender l’aria, sulla pagina scritta, dei luoghi comuni di quel solito positivismo; ma nell’anima e nei versi del Pascoli il fatto va altrimenti. Egli non sceglie questi come motivi di amplificazioni fantastiche, ma lasciale ch’io lo ripeta, tramuta ogni visione in un dramma affannoso della sua vita interiore, e tanto ne esprime col verso quanto è necessario alla pace del suo spirito travagliato. Anche qui, come sempre, la poesia non si può separare dalla vita.



La poesia del Pascoli è dunque, fino a un certo segno, un’arte di vivere; il suo valore non è pieno se non per colui che la esercita. E come, da questo punto di vista, ella è compiuta e perfetta, così guardata da ogni parte, ella si dimostra disuguale, incerta e inquietante.

A considerare i versi in sè, come qualche cosa che porti dentro la sua propria ragione, un punto fermo sul quale posarsi, un carattere perspicuo al quale ricondurre tutte le altre note, non si trova; o quando sembra che si sia trovato, ecco subito qualche cosa che vi urta contro con sbattimento intollerabile.

Pare che il bisogno più sentito dal Pascoli nello scrivere sia quello, che io chiamerei per brevità, di realizzare: di render sensibile dentro la parola tutte le sue impressioni, nella loro pienezza.

Vedete, per es., il canto degli uccelli. In un sonetto della prima maniera lo trovo espresse con un vocabolo solo: scampanellare (ricordate....