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coscienza letteraria di renato serra ix

della mente. Per un lettore e giudice di rara intuizione come fu il Serra, quella scorta, antica forse, non però antiquata, bastò.

Carducciano è intanto il suo primo lavoro, la sua tesi di laurea Dei «Trionfi» di Francesco Petrarca. Per verità, un rapporto, uno schema di saggio, più che un saggio; nella più parte un’aridissima dissertazione su fonti e concordanze, senza l’ombra di quei personali riflessi dei quali sarà piena, poi, l’opera sua. «L’opera dei Trionfi comparata con l’Amorosa Visione e, in genere, con tutti i suoi antecedenti nella letteratura italiana», «I Trionfi e la Commedia», «I Trionfi e le anteriori opere del Poeta», «La erudizione classica dei Trionfi: la materia», «La imitazione classica: la lingua, lo stile, le forme»: ecco i principali capitoli. C’è la minuzia dei primi studi di poesia del Carducci, anzi dei suoi commenti, del famosissimo commento alle Stanze l’Orfeo le Rime del Poliziano, per esempio. Che fu il modo suo di prepararsi a capire la poesia dei poeti, d’internarsi nel segreto della loro arte, di respirare quell’aria. Qui Serra è lo scolaro: lo scolaro del Petrarca e lo scolaro del Carducci. Annota e basta. Riscopre il filo della tradizione del linguaggio petrarchesco, dà la figura del vario tono delle Rime e dei Trionfi, con pochissime osservazioni sue, del resto, e molti dati, molti elenchi, molte nude cifre. Quanto a scrivere, risente sempre del Carducci.

Ha da riflettere un’impressione? «Mala nominanza in vero va accompagnando per lunga stagione i Trionfi; e par quasi una voluta riazione al grido, che levarono universale e glorioso nei primi tempi della loro pubblicazione ecc. ecc.», di-