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18 | scritti di renato serra |
intenzioni estreme. E passando dall’una all’altra, non si tramuta con moto lento a gradi, ma d’un colpo brusco, come caleidoscopio. Se non che di questo moto a lanci a scatti a sussulti egli è consapevole perfettamente e sullo sforzo di rendere il formarsi di un moto dentro un altro s’innesta lo sforzo di rendere la consapevolezza.... finchè tutto ciò si rompe, come si spezza un getto d’acqua e ricade su se stesso in una spruzzaglia minuta.
Questo è il tritume della prosa del Pascoli. Nel punto che egli scrive una parola egli è tutto in quella e solo su quella insiste con tutta la forza del suo spirito; ma subito dopo, quando scrive l’altra, è poi tutto nell’altra; non solo, che quando le riguarda insieme, la differenza fra i due momenti gli si impone acutissima, sì che egli è già tutto alla prova di rilevare essa la differenza.... come un girare e rigirare di sè sopra sè entro sè....
Nessuna prosa è rotta da tante parentesi, nessuna conosce tante restrizioni e recriminazioni e sottintesi, nessuna si trova sottolineata da tante interiezioni e particelle o asseverative (e sì!) o attenuative, distinta da tante intenzioni e così minute come quella sua!
Dico della prosa in genere, e in ciò che ritrae dell’abito primo dell’arte di lui; chè a volerla considerare sola in sè, ci sarebbe altro da dire.
Ma quanto all’arte, a tutto quello che qui se n’è fino ad ora discorso manca un tratto essenziale. Abbiamo accennato alla sua complicazione, alla varietà contraddittoria dei modi, al partito ch’essa trae dai contrasti, dai chiaroscuri, perfino dalle stonature; tutto questo sarà vano finchè non avremo soggiunto che l’artificio è ingenuo.