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10 | scritti di renato serra |
non a quello che s’era detto prima? La poesia del Pascoli consiste in qualche cosa che è fuori della letteratura, fuori dei versi presi a uno a uno; essa è di cose, è nel cuore stesso delle cose.
Non disse forse egli una volta, con questo sentimento, di possedere due poesie; una brutta che concede al pubblico, una bella che non scrive, ma solo si gode in seno? E pure egli a proposito di certi canti ben noti, scrisse: «quelle poesie non le ho fatte io: io ho fatto (e non sempre bene) i versi».
Proprio come se una cosa fosse la poesia, e un’altra i versi: di cui egli poi meno si cura!1
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Ma questo già non vuol dire che i versi del Pascoli manchino di carattere proprio; anzi l’uno se ne discernerebbe in mezzo a mille, a una certa sua risonanza, che qual sia non si sa sempre dire bene, ma che non si può mai confondere con altra.
Certo è che le parole più comuni in un verso di lui rendono un suono nuovo; pare che la sua voce nel profferire le faccia vibrare lungamente e tragga dai loro seni riposti echi non conosciuti.
- ↑ Da questo punto di vista qualcuno vuol definire l’arte del Pascoli come impressionismo puro: in quanto il poeta mette tutto l’interesse della propria anima non nelle espressioni, ma nelle intenzioni: non nelle parole e nei versi, ma al di là, in quel mondo di sentimento e di vive immagini e di cose sensibili che parole e versi valgono a suggerire.