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4 scritti di renato serra

la dirittura, il vigore disdegnoso dell’animo; ma lo scopo vero del libro non è in ciò; è in esercitare e svolgere e affinare il gusto letterario dei suoi lettori adolescenti. Lo spirito del Carducci vi è rappresentato essenzialmente nell’atto che rilegge degli autori assai cari e si rende conto, come filologo e umanista, delle qualità e dei modi delle loro scritture. Questa è opera propria del letterato.

Ma il Pascoli, anche quando fa un’antologia, vuol fare opera di poeta. Non crede egli che la cosidetta arte dello scrivere possa avere, nella sua tradizione e nelle sue consuetudini, qualche cosa di indipendente, di cui l’uso e il gusto si acquista, come quello delle buone creanze nel quotidiano commercio degli uomini; di cui il sentimento porta qualità proprie e gioie particolari. Tutto questo suppone una certa intelligenza della letteratura, considerata come un’arte e come un’esperienza che l’uomo possa fare dello spirito altrui nelle sue espressioni; una certa attenzione agli effetti, agli echi, alla efficacia che il parlare di uno esercita su chi gli sta intorno.

Ma egli non conosce nel vasto universo altri che se stesso; non fa nulla che non sia inteso alla piena soddisfazione dei suoi bisogni spirituali, soli e puri. Dice che ha fatto il libro ch’egli avrebbe voluto aver tra le mani quando era fanciullo a scuola; e l’ha fatto solo per sè. Il libro ci dà il suo mondo poetico; le cose ch’egli stima poetiche, il modo come le sente. È la sua stessa poesia, soltanto, se volete, abbassata d’un tono; in un momento in cui a esprimerla gli bastano le parole degli altri. È ben vero che sulla sua bocca nessuno più le riconosce.

Nella parte antica per esempio si trova meglio