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notizia sugli scritti di renato serra 443

il volumetto importantissimo, al quale forse l’autore non riconosceva il valore che ebbe e che ha tuttavia, parecchi scrissero cordialmente al Serra, come il Di Giacomo, l’Albertazzi, il Linati; alcuni si lamentarono, come il Cardarelli e pare anche il Cecchi. Del Prezzolini e del Papini non sapeva, e ne domandava con un senso di incertezza e di dispiacere al De Robertis.

Comunque, dopo la stesura del volumetto, noi sorprendiamo una preziosa confessione sulle labbra di Serra, e la partecipa a De Robertis (17 aprile 1914): «Dopo un anno quasi che non scrivevo una riga, quel volumetto su l’It. d’oggi m’ha sciolto la mano; e insieme con altre circostanze, pare che m’abbia ridato l’abitudine e il gusto del lavoro preciso, non soltanto fantastico. Questo mi piace oggi e vorrei farlo durare» (Ep., 494).

Ma non durò, chè sopravvenne l’ansia e il turbamento e la bufera della guerra: «Qualche cosa arriva anche a me, che mi fa fremere. Non dimenticherò l’impressione di stamattina: come mi son sentito sollevare tutto di passione e di speranza e di non so quale altro istinto profondo, a leggere le notizie — la guerra: e l’Italia svincolata, sembra — : e come andrei volentieri in Francia a lottare per la mia civiltà! Ecco, m’è quasi passata la voglia di scrivere» (Ep., 514-15). «D’altronde lavorare non è possibile; terminare dei saggi critici o delle note letterarie, di cui non potrei nemmeno liberarmi stampando, e dovrei tenerli nel cassetto, è cosa che mi disgusta: perdermi in qualche cosa mia più intima, non mi riesce» (Ep., 524). Bastano questi brani di lettere a De Robertis del 1° agosto e del 7 settembre 1914, per capire Serra in quei mesi indimenticabili.

Il volume de Le Lettere fu ristampato, con l’aggiunta dei frammenti inediti del secondo volume (dei quali noi faremo cenno più avanti) e di un indice onomastico, nel volume terzo, delle Opere di R. S. curate dal Prezzolini (Roma-Firenze, 1919-1923).