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426 | notizia sugli scritti di renato serra |
non importa» (Ep., 238). Il 6 febbraio dell’anno suddetto comunica all’Ambrosini che lavora intorno all’argomento già annunziato: «Ora son dietro, — anzi ho già fatto ma mi tocca di farne due puntate, squarciando e mutando, — son dietro a Pascoli. Sarà una cosa arida e fastidiosa; ma non volgare. Mi è mancato il tempo di cavar fuori lo studio. Ma per la Rom. è anche troppo» (Ep., 243).
Il discorso sul Pascoli continua ancora in una lettera della Pasqua 1909, scritta a Plinio Carli, che al Cesenate era stato compagno carissimo nel 1907-08, anno di Perfezionamento all’Istituto di studi superiori di Firenze: «Te ne manderò [della Romagna, «la quale accenna a diventare un po’ meno clandestina»] fra qualche giorno due fascicoli in cui è uno studio mio sul Pascoli e varie altre cosette; della prima puntata m’hanno scritto parecchi, fra gli altri Prezzolini (quello della Voce) da Firenze, con parole e profferte in vero troppo grandi, ma con una simpatia che m’ha fatto piacere» (Ep., 259-60).
Siccome poi La Romagna era spesso nelle sue pubblicazioni arretrata e, qualche volta, di parecchio, così il Serra non possedeva altro in aprile che il fascicolo del febbraio 1909, come si rileva dalla promessa che fa al Carli, e soprattutto dalla lettera del 6 aprile all’Ambrosini: «Quanto a me, io ti ringrazio molto del buon viso che hai fatto al mio P.; poichè vedo che ti fa piacere, ti manderò le bozze della 2ª parte e vedremo di farne qualche cosa meno indegna delle tue accoglienze. Forse forse, anch’io comincio a prenderci gusto. Ma non è questo il lavoro in cui io mi possa sfogare a pieno» (Ep., 268).
Intanto all’Ambrosini stesso, che lo sollecitava da Firenze, il 28 aprile rispondeva il Serra in un poscritto: «Pubblicare sulla Voce qualche cosa del mio Pasc.? Non solo non mi dispiacerebbe, ma l’avrei caro. Tuttavia, non credo che nella 2ª puntata ci sien pagine che si possano staccare sì da render piena la misura del mio lavoro. Io sono prolisso, ondeggiante, timido e disuguale