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esame di coscienza di un letterato | 419 |
perfetto. E accanto a quello che brontola o si ritrae diffidente, ci son tutti quelli che si aprono a un sorriso istintivo nell’incontrarmi — sorriso semplice e lieto che ha vent’anni un’altra volta sui volti cambiati, colle pieghe fisse e la barba aspra dell’uomo già logoro — ; quelli che mi stendon la mano dura con una timidezza affettuosa; quelli che posano sopra di me i loro occhi un po’ turbati con un senso di improvvisa fiducia, come avendo ritrovata, nel momento dubbioso, la loro guida di ieri.... Guida da poco: ma io andavo avanti, e loro dietro. Così si farebbe ancora. L'uomo non ha bisogno di molto per sentirsi sicuro.
Purchè si vada! Dietro di me son tutti fratelli, quelli che vengono, anche se non li vedo o non li conosco bene.
Mi contento di quello che abbiamo di comune, più forte di tutte le divisioni. Mi contento della strada che dovremo fare insieme, e che ci porterà tutti egualmente: e sarà un passo, un respiro, una cadenza, un destino solo, per tutti. Dopo i primi chilometri di marcia, le differenze saranno cadute come il sudore a goccia a goccia dai volti bassi giù sul terreno, fra lo strascicare dei piedi pesanti e il crescere del respiro grosso; e poi ci sarà solo della gente stanca che si abbatte, e riprende lena, e prosegue; senza mormorare senza entusiasmarsi; è così naturale fare quello che bisogna. Non c’è tempo per ricordare il passato o per pensare molto, quando si è stretti gomito a gomito, e c'è tante cose da fare; anzi una sola, fra tutti.
Andare insieme. Uno dopo l'altro per i sentieri fra i monti, che odorano di ginestre e di menta; si sfila come formiche per la parete, e si sporge