Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
esame di coscienza di un letterato | 403 |
della gente nuova, che tornavano a muoversi dai luoghi in cui s’eran trovate ferme alla fine, quando la marea si ritirò; e in tutto l’intervallo movimenti e sconvolgimenti parziali non le avevano più spostate in modo durevole.
È probabile che non le sposteranno neanche questa volta. Non avremo forse neanche sovrapposizioni, di quelle che non valgono tuttavia a distruggere la vitalità conculcata di una razza, che risorge a poco a poco come l’erba calpestata e circuisce e macera e assorbe in sè l’elemento estraneo; come accadde all’elemento germanico che aveva traboccato nell’Europa occidentale e meridionale, e che vi restò alla fine dell’invasioni e fu ribevuto dalle nostre terre.
Già fin d’ora si sentono le maree avverse incontrarsi e rifluire dal frangente che non s’è cambiato.
E alla fine tutto tornerà press’a poco al suo posto. La guerra avrà liquidato una situazione che già esisteva, non ne avrà creata una nuova.
Ci saranno dei cambiamenti di tendenze politiche e di indirizzo morale; delle rettifiche e delle definizioni, così di confini geografici come di valori civili, che diminuiranno, in quel che si suol chiamare l’equilibrio mondiale, il tono di certe parti e ne accresceranno altre: certi aggruppamenti, ricostituzioni, affermazioni, che maturavano ieri come coscienza e desiderio contrastato, saranno domani un fatto compiuto. Ma insomma non sarà cambiato lo spirito della nostra civiltà — in cui questa guerra era già avvenuta e avveniva tuttavia — ; e non sarà toccata la sostanza dei popoli, non saranno soppressi nè perduti quei principii e quegli imperativi storici, che ognuna delle grandi razze o formazioni nazionali, rap-