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388 | scritti di renato serra |
poco, e forse fu aiutato dalla fortuna delle sue esercitazioni dantesche discrete a mostrare meglio ultimamente le qualità più geutili ili scrittore e d’artista. Il migliore di tutti rimane sempre il Parodi, uomo dotto, acuto, scrittore non ordinario e ragionatore sottile e soddisfacente in ogni campo, l’anima del Bullettino; mostra di avere anche facoltà, critiche ed estetiche, e ci tiene; non bisogna scordarsi tuttavia che la sua critica non esce dal tipo della recensione erudita, che si esercita sopra lo schema del lavoro già fatto dagli altri, e considerato come cosa acquisita, per via di rettificazioni parziali e ritocchi successivi; e anche la sua estetica è piuttosto una aggiunta di colori stilistici e di considerazioni e impressioni episodiche, sopra lo schema espositivo, che non una disposizione originale e necessaria dell’animo.
Gli altri che la moda dantesca aveva inalzato s’incamminano verso la loro più naturale mediocrità, sulle tracce di due guide; una, il dotto e vario e ingegnoso D’Ovidio, accademico ammirabile, ma non scienziato veramente nè critico nè artista, simbolo di quel che c’era un po’ ozioso nella sottilità di codesto dantismo; e l’altro rappresentante del dantismo di solenne apparato storico e linguistico, con patriottismo e religione e gravezza grande, l’eruditissimo ed eccellente e mediocre Del Lungo.
Con tutto questo, non abbiamo ancora parlato di letterati veri. Sapete bene che non ce ne sono più. O almeno non compaiono. Mi perdonino quelli che non nomino: ma di chi è la colpa se la loro gentilezza resta chiusa nell’animo e negli studi; come una cosa timida, che non ha forza di esprimersi e di imporsi?
Ce n’è, nelle scuole e nelle case, che sanno an-