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386 | scritti di renato serra |
amore disordinato e generico l’erudizione insieme e la genialità; nessuno come il Farinelli, a parte i meriti del cercatore, riesce a dare l’illusione di tutte e due, con tutto quel pathos che si consuma nella farragine delle notizie e delle frasi, come una fiamma nel fumo della legna verde e stizzosa.
Son tutte note molto incerte e saltuarie; ma tornano al primo detto, che caratteristiche speciali in questa seconda categoria dell’operosità critica non ce ne sono. Una critica vera e propria, dell’Università, distinta da quella dei giornali e degli eretici, e pure interessante e attiva, com’è in Francia, dal Lanson al Bédier, noi non l’abbiamo.
C’era una provincia letteraria che pareva appartenere ai professori, con qualche cosa di proprio e di caratteristico: il dantismo. Ma anche questo è oramai del passato. La nostra cronaca se ne accorge, come di un movimento che si sta spegnendo.
Solo qualche anno fa il dantismo era una cosa d’importanza nazionale; nel suo insieme complesso e disparato di produzione scientifica e di erudizione oziosa e magari di moda ciarlatanesca, di libri e opuscoli e conferenze e cerimonie e letture, a cui il pubblico partecipava con tutto l’interesse e con tutta l’intensità di cui era capace, pareva che gli studi danteschi fossero il punto in cui l’Italia attiva e presente concentrava tutta la sua forza di attenzione storica e letteraria, e cercava e trovava quasi la coscienza di sè stessa come valore spirituale.
Oggi continuano in parte le manifestazioni, ma non hanno più quel significato. L’interesse si riporta su altri punti.
Gli oratori, gli uomini politici, i giornalisti,