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384 | scritti di renato serra |
un archivio — sentono la necessità istintiva di darle una vernice quasi eroica, come farebbero per uno scavo archeologico, parlando di tesori restituiti alla gioia, di primavera della stirpe, di genio ricostruttivo e rianimatore. E gli eruditi stessi dal canto loro si piegano verso la moda, si provano di aggiungere alle loro doti stimabili e serie, qualche cosa di più brillante o più ingegnoso; e si vede un Novati accentuare paurosamente quella tendenza al bello stile e alla leccatura laboriosa, che ha sempre dato tanta uggia alle sue scritture, e un Flamini tirar fuori dal cassetto dei versi giovanili e scriver dei lavori danteschi di critica ipotetica, ahimè, e soggettiva, e perfino un Gian, il più onest’uomo del mondo, affrontare, sia pur di passaggio, degli argomenti teorici.
Croce è passato come il malefizio della stella cometa in una notte di febbraio sul riposo placido delle campagne; la gente non dorme più tranquilla.
Potremo trovare qualche effetto non cattivo di questo impulso; un eccellente neolatinista come De Lollis, per esempio, che è stato condotto a mettere in pubblico, con dei saggi di critica moderna, quelle qualità di acuta intelligenza e di precisa dottrina che solo pochi potevano conoscere: certo anche in lui il contrasto fra la maniera minuta e curiosa dello specialista di letterature comparate e l’obbligo nuovo di crear formule e valori, non è compiutamente risolto; e qualche volta, massime in questioni di poesia francese, la ricchezza bibliografica sostituisce in parte il giudizio.
Ma per un uomo d’ingegno conosciuto meglio, quante fatiche inutili di brave persone, che si son