Pagina:Serra - Scritti, Le Monnier, 1938, I.djvu/43

xliv coscienza letteraria di renato serra

vestita. Nel suo scrivere vago, montante, c’è lo studio; e tutte le volte la fuga da quello studio. I segni certi, e il disegno indeterminato e incerto. Nessun moto polemico. E dico questo pensando al Carducci, e alle sue indimenticabili pagine, calde ancora di sdegni, rissose, e d’una inventiva tra eccitata e lieta. Qui invece è il bisogno di fermare un poco delle sue inquietudini sullo specchio calmo della terra, spogliarle del troppo umano e di certa debole ansia; vederle, nel loro segreto, fraterne a quelle che sulla terra s’esprimono per colori e odori, quasi per simboli. Tutto quello che è stato non sarà più, e un’occasione fuggita non si riguadagna. Questo è ben segnato nel ritmo delle stagioni. E guardiamo, par che dica, le stagioni! L’animo vero del Serra è consegnato in queste pagine e in queste pitture. Apparentemente somiglianti tra loro, di tante che ne scrisse, sono una variazione continua e, poichè anche canta a volte, una modulazione d’uno stesso tema. Questa è la sua ricchezza e questa è la perennità della sua vena. Nulla v’è di ozioso. Qualche volta c’è compiacenza della bella forma, che dà a divedere un respiro più grande, che non c’è; ma un respiro suo c’è, e si caratterizza per una specie di continua aura di sogno. Pochi segni sulla terra, e la musica si sviluppa di lì.


Anche nell’Esame di coscienza il poetico si sviluppa di lì, da quell’accordo, da quell’avvicinamento tra la terra e gli uomini; sebbene prenda forza e slancio da più lontano, da quell’ansia dubitativa, da quell’analisi; come un arco teso più e più a determinare quell’ultima risoluzione che, anche questa, è una ricapitolazione, come nei saggi, come negli scritti letterari. Nascono dunque