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le lettere | 379 |
Accanto a lui potremo ricordare, per una certa serietà e compiutezza di figura, Bellonci: in cui la riduzione della letteratura a puri elementi e interessi, se così posso dire, di cultura, è condotta fino all’ultimo segno, con una onestà e un rigore e una precisione, che finisce a giustificarsi di per se stessa e a farsi rispettare. Non c’è niente, in quel lavoro modesto, che faccia spicco fuor del comune; anzi la sua diligenza può riuscir faticosa e meno grata a parecchi. Ma insomma par di vederci l’estremo limite a cui si può giungere per questa strada, così caratteristica del nostro tempo, che pur partendo dal modernismo e dall’attualità più generica, è riuscita, attraverso l’analisi dottrinaria, a certi obblighi di umanità e di intelligenza e di classicismo non soltanto formale.
E poi c’è, o piuttosto c’era, che da un pezzo non si occupa di letteratura e in ogni modo non se ne è mai occupato in modo speciale, Amendola. Anche lui portava nella critica un’intonazione piuttosto morale e storica, che artistica: ma non al modo di quelli che mascherano la incompetenza tecnica con le banalità spirituali. L’interesse etico era in lui un carattere e una forza schietta, capace di creare cose solide; e si sentiva nelle sue pagine una mente ben fatta, e una vera e propria autorità di scrittore, di cui bisognerà riparlare sotto altro titolo.
Un eccellente critico letterario sarebbe Prezzolini; se non avesse tanto odio per la letteratura e non fosse rivolto, con gli studi e con l’animo, da un’altra parte. Anche lui, è uno di quelli che sono profondamente convinti di essere nati proprio per quelle cose che non sanno fare; e così, dopo i tentativi di gioventù, volle rinunziare a