Pagina:Serra - Scritti, Le Monnier, 1938, I.djvu/424


le lettere 377

sensazione di natura e di vita: tutto quanto. Un caos.

E ogni momento, ogni frase, pareva che fosse improntata di questa urgenza, gonfia di intenzioni e di facoltà e di voglie disparate, da realizzare tutte in una volta. Perchè in Cecchi, oltre alla facoltà di intelligenza e di passione critica, c’è anche una certa natura quasi d’artista, ricco di sensazioni, o piuttosto tormentato dal bisogno di creare espressioni sensibili di sè: questo bisogno l’ha spinto a tentare anche la novella e lo sfogo versificato, con una infelicità singolarissima. Perchè è curioso questo; che mentre un altro, poniamo un Borgese, scrivendo dei versi sonori e corretti e lucenti, riesce a dare soltanto la misura esatta della sua enfasi e della sua falsità artistica, Cecchi, scrivendo delle cose detestabili, si fa rispettare e ci interessa. Egli è pieno di queste apparenti contraddizioni: si sente che ha frequentato i classici fin da ragazzo e non per ambizione sola di cultura, ma per bisogno e amore, ha letto inglesi e greci nel testo e Dante e i trecentisti, e ne parla molte volte come uno che conosca soltanto i manuali e i ditirambi moderni; e scrive come se non avesse letto altro che D’Annunzio, e i dannunziani, e qualche giovane d’oggi, mescolando la pompa degli astratti e il decoro stilizzato con dei tentativi di monelleria toscana e colorita — uso Papini, Jahier — la metafora commerciale di uno con la squisitezza letterata di un altro.

Ha una personalità e una facoltà critica propria; e ne cava degli articoli che molte volte sembrano ricalchi faticosi e incerti dei più superficiali drammi degli altri.

Si sperava che la sua ingratitudine fosse ef-