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le lettere | 375 |
anziani; i giornalisti che seguitano a praticare, e talora anche con garbo, la critica come soffietto editoriale e cosa di famiglia; e poi tutti quelli che fanno della critica solo per episodio o perchè la moda porta così, perchè l’articolo critico è un’arma sempre pronta in mano e può essere anche una scappatoia, è più facile da collocare e in un certo senso anche da fabbricare.... Non andremo a finire nel pettegolezzo.
D’altronde, di fronte a ciò, bisognerebbe ricordare certi meriti che ha la nostra critica, massime dei giovani, che son riusciti, sia pure in pochi, a trovare su questo terreno un angolo di libertà, seriamente e sinceramente amato.
Ma più si guarda all’effetto raggiunto, alla personalità espressa. Non troviamo nessuno; se non certe facoltà, poniamo, chiare e sottili, ma sempre generiche e senza precisione letteraria, in Gargiulo; e altre in altri, di cui possiamo apprezzare singolarmente l’ingegno: ma non basta.
Originalità non si trova nemmeno in quelli che sembrano andare contro corrente; come Thovez, che ha una certa semplicità e sincerità di impressioni sue, ma troppo superficiali e confuse, e limitate quasi al tono un po’ più schietto della voce; del resto anch’egli si muove nell’ambito di quei soliti principii e ambizioni generiche, lirismo, spontaneità, rinnovazione o rinfrescamento del senso poetico, e non sa giudicare o analizzare se non per note astratte.
Più indipendente e originale, è Cecchi. Non nel punto di partenza; che muove anche lui da D’Annunzio e da Croce, o forse meglio, dal Croce che era in Borgese. Osserva la formula drammatica nella deduzione del suo saggio, e subisce la legge di trasformare le impressioni artistiche in astra-