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374 | scritti di renato serra |
critica in nome di un sentimento poetico, che è sincero in lui, ma vago e incertissimo come concetto critico, e ondeggiante nell’effetto fra il sentimentalismo soggettivo e le minuzie metriche o stilistiche di un maestro non privo di gusto, quella critica che non è neanche più acerba e appassionata, e che si limita molte volte a un certo ufficio pietoso, e dignitoso del resto, di amicizia o di commemorazione, non persuade più: si ammette lui, come uomo di sentimento e di giudizio acuto, ma non la sua abitudine alquanto vana.
E si vede bene, del resto, che accanto a lui. nello stesso giornale, vien fuori, come una necessità del destino, la critica nuova: fatta un po’ più modesta, più conversevole, più spicciola e insieme più ornata, professorale e aneddotica, se volete, non senza toscanità e macchiette quasi piacevoli, dal Rabizzani; ma sono pur sempre le limitazioni di Croce e gli schemi di Borgese, per quanto pettinati alla scuola di Mazzoni, e nutriti dei ricordi delle compilazioni compariste. Ciò si rivela anche meglio quando, invece di bozzetti, l’uomo tenti il saggio critico; e allora vien fuori il dramma spirituale.
È una sorte comune, che poco o tanto tocca anche agli altri, di cui è impossibile ricordare i nomi, scrittori di critica nei mille periodici della penisola. In ciò è la superiorità di Borgese sopra molti, che pur valgono in parte meglio di lui, ma non riescono a fare delle loro qualità acute o ingegnose forma personale, che esca dalla maniera.
Lasciamo stare certa critica, fatta per combinazione o per convenienza. Ci sono i poeti e i novellieri, che si valgono delle recensioni per pagare debiti di cortesia verso i colleghi, giovani o